Cambiare, resistere o persistere?

Arriva dicembre ed insieme al panettone, Babbo Natale e la Stella Cometa arrivano anche i primi bilanci sul proprio anno scolastico e accademico. Gli studenti delle superiori hanno ormai collezionato un significativo numero di voti se non, nel caso degli istituti più zelanti, addirittura un pagellino; gli studenti universitari si sono forse cimentati con qualche esamino parziale o relazione dai risultati non proprio soddisfacenti e stanno prendendo consapevolezza che la sessione invernale si sta avvicinando con il piede sull’acceleratore.

Insieme ai voti negativi in un caso e alla consapevolezza di essere decisamente indietro con lo studio nell’altro arrivano anche i dubbi amletici: non è che forse ho sbagliato percorso di studi e dovrei cambiare? Il quesito che risiede nelle zone più profonde già da qualche tempo, comincia in alcuni casi ad affiorare, in altri ad essere condiviso con amici e parenti che non sempre accolgono di buon grado la notizia.

C’è chi sminuisce sottolineando che la crisi è fisiologica, prima o poi colpisce tutti come il raffreddore e come il raffreddore prima o poi passa e la si dimentica… C’è chi, con competenze da coach di nuova generazione, parla di focalizzazione dell’obiettivo, di motivazione, di autoefficacia e chi, con competenze di vecchia generazione, traduce i suddetti concetti in “darsi da fare”, “non si molla al primo problema”, “studiare di più”, ecc. ecc.

C’è chi chiede udienza al maestro, al parroco, al medico e al farmacista affinché mettano in atto tutte le loro risorse al fine di scongiurare il pericolo tanto temuto: la bocciatura o l’abbandono dell’università.

A seguito di tali interventi le reazioni sono di nuovo differenti: c’è lo studente che cerca di resistere per poi mollare in primavera e rimandare il problema alla prossima estate, quello che a testa bassa si mette sotto e ne esce vittorioso, quello che soffre, psicologicamente e fisicamente e magari riesce anche ad arrivare alla fine dell’anno con uno, due o tre debiti o con un 18 e un 21 sul libretto e la prospettiva di passare luglio e agosto a preparare per la quarta volta analisi o diritto civile mentre tutti gli altri sono ad Ibiza.

E quindi cosa bisogna fare? La risposta com’ è ovvio non è univoca. Tuttavia, alcune riflessioni sono necessarie. Tale crisi è sostenuta dall’effettiva consapevolezza di essere nel posto sbagliato? In caso di risposta affermativa, prendere in considerazione un cambio di percorso di studi non è idea poi così sbagliata… meglio far soffrire un po’ la nonna oggi che far soffrire noi stessi per anni per fare qualcosa e diventare qualcuno che non ci interessa e non vogliamo essere… In caso di risposta negativa la domanda che ci si deve porre è: sto affrontando il percorso nel modo giusto? Se cambio scuola o università sono sicuro/a che non avrò gli stessi problemi? Un metodo o un approccio allo studio vincente alle medie non sempre si rivela tale alla scuola superiore, e non sempre quello vincente alla scuola superiore va bene per l’università… Se il problema è di questo tipo non è cambiando percorso che lo si risolverà… si ripresenterà allo stesso modo con conseguenze psicologiche maggiori: la convinzione di non essere adatti allo studio e un forte desiderio di gettare la spugna.

Cambiare, resistere o persistere? Dipende, dunque, dalle cause della crisi… è importante interrogarsi, non sottovalutare il disagio, comprendere cosa non sta funzionando e verificare se si possono mettere in atto azioni correttive. Magari anche rivolgendosi ad un professionista. Essere onesti con sé stessi e agire… per non fuggire o trasformare il percorso di studi in una strada lastricata di sofferenze e patimenti. Perché, come direbbe Sant’Agostino, errare è umano ma perseverare è diabolico.

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