Secondarie di secondo grado che non si occupano del post-maturità dei loro studenti.

Qualche istituto mette a disposizione le locandine con le date di presentazione dei corsi di laurea, altri ospitano qualche ex studente, altri ancora enti di formazione per la preparazione dei test di ammissione. Nelle migliori delle situazioni si approfondiscono solo alcuni percorsi di laurea: a farla da padrone sono ingegneria e medicina. Quasi nessuno spiega agli studenti che non c’è solo l’università, nessuno parla loro di ITS, di MOOC, di corsi di specializzazione.

In moltissimi casi di futuro non si parla: il “dopo maturità” è un problema che riguarda gli studenti, di cui la scuola non si occupa. Sembra improponibile pensare di dedicare un numero adeguato di ore per fare dell’Orientamento ben fatto.

E questo, mi duole dirlo, riguarda moltissimi licei.

Il tempo è poco, il programma va terminato, le insufficienze vanno recuperate. Non si può perdere tempo prezioso.

Hanno 19 anni, sono adulti, hanno Internet e moltissimi amici che all’Università ci sono già e che possono rispondere ai loro dubbi e alle loro domande.

Eppure è sotto gli occhi di tutti che i nostri ragazzi non sono così attrezzati per scegliere con consapevolezza il loro futuro. Se così non fosse non ci sarebbero così tanti studenti che rimandano la scelta al dopo-maturità, che iniziano un percorso universitario senza essere adeguatamente informati per poi scoprire che non è ciò che credevano, che abbandonano, che cambiano, che accumulano delusioni e frustrazioni.

Se si parla con loro ci si accorge che sanno poco o nulla del mondo accademico. Parole come Cfu, esoneri, esami open book, Tolc, Tarm non sono così chiare come dovrebbe essere. I siti delle diverse università appaiono come labirinti, le indicazioni sono sparse e per interpretarle e trovarle occorre un bagaglio d’informazioni che gli studenti non hanno.

I ragazzi e le ragazze che incontro sono spaesati e spaventati. Non condividono facilmente il loro disagio e il loro senso di inadeguatezza perché pensano che certe cose le dovrebbero sapere e, se non le sanno, si vergognano a chiederle. Appena ne hanno l’occasione, però, ti inondano di domande. Condividono le loro paure, i loro dubbi, i loro “se”.

Veramente i docenti non se ne accorgono? Veramente gli istituti credono che l’orientamento in uscita non sia un problema loro? Eppure, i dati continuano a dirci che siamo i penultimi in Europa per numero di laureati, che il tasso di abbandono e dispersione universitaria è spaventosamente alto, che essere fuori corso è la regola. Siamo al primo posto per Neet.

Davvero come scuola non siamo, almeno un po’, responsabili?

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