E se non volessi diventare un pessimo infelice prestigioso medico?

Sono perfettamente consapevole che nella scelta del percorso di studi dei nostri figli e nei loro risultati accademici ci giochiamo come genitori un po’ di narcisismo e nello stesso tempo la conferma di essere stati bravi educatori.

Possiamo essere politicamente corretti e dichiarare il contrario, ma sono certa che per la maggior parte delle persone sia più facile inorgoglirsi dicendo che il proprio figlio è medico, ingegnere o avvocato piuttosto che muratore. Poco importa il livello di professionalità e in molti casi i guadagni, di fatto il retaggio culturale in base al quale i lavori manuali sono meno prestigiosi di quelli intellettuali, le tute blu e le mani sporche sono meno ambite dei colletti bianchi e delle unghie curate, non l’abbiamo mai superato e credo non lo supereremo mai.

La questione diventa tanto più naturale se il figlio appartiene ad una famiglia altamente scolarizzata, con alle spalle una dinastia di medici, ingegneri, dentisti e commercialisti e in cui nessuno ha mai piantato un chiodo.

Va poi sottolineato che anche tutti coloro che continuano gli studi e scelgono il percorso universitario non sono sullo stesso piano. Ci sono percorsi di serie A e di serie B: ingegneria e medicina sono considerate più prestigiose di scienze motorie o lettere e, comunque, fare lettere alla Cattolica è sempre meglio che farla alla Statale.

Mi infastidisce doverlo ammettere, ma mi sembra di osservare, inoltre, che anche l’orientamento post-diploma di molte scuole secondarie di secondo grado, soprattutto licei, sembra avere come unico obiettivo far sì che la maggior parte dei propri allievi superino i test di ingresso di questi “prestigiosi” percorsi. Poco importano le attitudini, gli interessi, i sogni. Sì, i sogni.

E così un po’ per automatismo, un po’per pigrizia, un po’ per ignavia e un po’ per non deludere i propri amorevoli genitori ogni anno in questo periodo, a circa un mese dall’inizio delle lezioni all’università, mi ritrovo a curare le ferite di tante matricole che tra i banchi di ingegneria, medicina, odontoiatria, economia si chiedono perché sono lì.

E sì, perché avere la mamma medico, l’insegnante del liceo che vede nella nostra facilità di apprendimento della matematica un promettente ingegnere o il papà operaio che sogna la figlia dentista, non fa di noi un felice, entusiasta e motivato studente di medicina, ingegneria, odontoiatria!

Chi ha frequentato l’Università sa quanto sia indigesto provare ad ingoiare migliaia di pagine di materie che non ti piacciono o di cui non ti interessa nulla con la prospettiva, se sei stoico, di laurearti e sapere che per tutta la vita farai un lavoro che detesti…

Per i più fortunati la crisi e lo smarrimento arriva al primo mese, le liti con i genitori entro il primo semestre, lo sbigottimento della nonna entro il primo anno. Se la fortuna l’accompagna per un po’, la matricola in questione acquisisce maggiore consapevolezza di cosa vuol essere e diventare, è disposta ad andare controcorrente, a superare i sensi di colpa che seguono i pianti e le urla di mamma, papà e nonna… e cambia percorso di studi. Magari di minor prestigio (percepito), ma più soddisfacente e appagante. Con il risultato di laurearsi e trovare un lavoro cha sa fare, che ama fare e che si rivela magari assai più remunerativo di quanto i benpensanti ritenessero.

Quelli meno sensibili ai conati di vomito e agli incubi notturni, si tappano naso, bocca e orecchie e cercano di resistere per un periodo più o meno lungo che in molti casi prolunga l’agonia di uno, due anche tre anni in cui di esami se ne danno due e la laurea diventa una chimera.

E quindi? E quindi caro papà dentista e mamma avvocatessa, caro papà muratore e mamma insegnante cosa potrebbe mai accadere se tuo figlio non volesse diventare un pessimo e frustrato medico, e diventasse un amato e soddisfatto maestro della primaria?

E tu professore di liceo cosa potrebbe mai accadere se il tuo studente modello che ha sempre preso 9 in tutte le verifiche di fisica preferisse fare il giornalista anziché progettare navicelle spaziali?

E tu caro studente dell’ultimo anno delle superiori cosa potrebbe mai accadere se provassi a capire cosa ti appassiona, cosa ti rende soddisfatto, cosa desideri per il tuo futuro anziché preoccuparti di cosa appassiona i tuoi genitori e insegnanti, cosa li rende soddisfatti o cosa desiderano per il tuo futuro?

E tu cara matricola cosa potrà mai accadere se invece di trasformare il percorso universitario in una infelice gara di resistenza lo rendessi uno dei periodi più importanti e significativi della tua vita per ricordarlo un giorno con gioia e come ciò che ti ha permesso di fare un lavoro che ti piace e ti soddisfa?

Per usare le parole di Nelson Mandela: “Possano le tue scelte riflettere le tue speranze, non le tue paure”

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