Ragazzi insonni digitali: il fenomeno del vamping

Sono molti i genitori che combattono ogni mattina con il figlio adolescente (anche pre-adolescente) che non riesce ad alzarsi dal letto e che quando riesce ad assumere la posizione eretta arriva ciondolando in cucina, impiega un tempo infinito a prepararsi e fatica ad attivare quel paio di sinapsi che gli consentirebbero di ricordarsi di indossare la giacca (visto che fuori c’è -5 ) o che il proprio padre e la propria madre dovrebbero anche arrivare al lavoro prima della pausa caffè delle dieci. 

Il secondo tempo del film cambia ambientazione: le scene sono girate in classe (dimentichiamo per un attimo la DAD e la complicità della videocamera spenta nella lezione a distanza seguita, rigorosamente in pigiama, seduti sulla tazza del gabinetto e il tè freddo in mano anziché la penna). Qui, l’insegnante della prima ora gode del doppio privilegio di avere presenti solo pochi stoici (gli altri a causa della lentezza nel prepararsi arriveranno alla seconda ora) e, tra questi, un buon 90% ancora immerso nel torpore delle coperte, con la reattività fisica di un bradipo e cognitiva di una ameba. Privilegio di cui sembrano usufruire sempre più frequentemente anche i colleghi delle ore successive. 

Alcuni istituti scolastici, prima dell’inizio della pandemia, per risolvere il problema dei continui ritardi e dell’effetto zombie alla prima ora, avevano deciso di posticipare il suono della campanella e fare iniziare le lezioni alle nove, in alcuni casi alle dieci. 

La causa di questo torpore e scarsa reattività in giovani menti e in giovani corpi trova sempre più spesso spiegazione nel fenomeno del vamping (hashtag #vamping): i nostri figli e studenti rimangono svegli o si svegliano di notte per inviare o rispondere ai messaggi, pubblicare foto oppure commenti sui social network. Passano tutta la notte a surfare su Snapchat, Instagram o TikTok, guardare video su YouTube oppure fanno maratone notturne con serie tv. Rimangono svegli fino all’alba come vampiri (da cui il nome) che non si aggirano più nelle strade della città ma navigano nel web.

Di giorno, conseguentemente, sono stanchi, irritabili e nervosi. Ciò interferisce nelle attività quotidiane: comporta difficoltà di concentrazione e di attenzione che gravano sul rendimento scolastico, favorisce l’insorgenza di stati ansiosi, influendo sull’umore e sugli impulsi, con manifestazioni di aggressività, irritabilità e comportamenti antisociali. Alcuni cercano di compensare dormendo il pomeriggio insieme al nonno ottantenne a scapito dello studio, di attività sportive o ricreative.

Alcuni genitori non si rendono conto della entità e delle conseguenze del fenomeno perché crollano sfiniti da una intensa giornata di lavoro, corse e preoccupazioni. Ne vedono solo le conseguenze: un figlio o una figlia che ciondolano dal letto al divano durante il giorno, isterici e nervosi. Spesso attribuiscono il tutto all’età (è ancora largamente diffusa la convinzione che l’adolescenza sia difficile per tutti, sia un’età complicata e che qualunque strano atteggiamento e comportamento del proprio figlio sia da attribuire ai mutamenti ormonali). D’altronde chi non ha cercato di fregare i propri genitori finendo di leggere il libro sotto le coperte con la pila?

Altri si alzano due o tre volte nel corso della notte sollecitando il proprio figlio o figlia a spegnere il pc o la tv o posare il cellulare: a seconda della stanchezza e del sonno la sollecitazione oscilla tra una fare rassegnato e urla e punizioni.

Altri, gli eroici, provano a porre delle regole come eliminare i dispositivi elettronici dalla camera, cellulare compreso. Ovviamente gestendo, chi più o chi meno, le ire funeste del pargolo che si sente defraudato delle uniche possibilità di socializzazione, costretto ad una vita futura da disadattato e “sfigato”. 

Tralascio in questa semplicistica categorizzazione i genitori che fanno compagnia al proprio figlio o alla propria figlia e che approfittano della notte insonne per dimostrare a sé stessi di essere giovani e al mondo di essere dei genitori presenti che passano del tempo con i propri figli condividendo il nunero dei like o la vincita su Fortnite.

Il fenomeno non va sottovalutato sia per le conseguenze fisiche che psicologiche. E non va sottovalutato in particolare in questo periodo storico dove una pandemia e le conseguenti limitazioni in termini di spostamenti, frequentazioni, attività favoriscono il ricorso al web, ai social, alle serie no limits per gestire la noia o per compensare la mancanza di opportunità di socializzazione.

La privazione di sonno incide sulla concentrazione e di conseguenza sul rendimento scolastico. L’insuccesso scolastico si riflette non solo in termini oggettivi sulle opportunità personali e professionali future, ma in prima battuta sull’autostima, sulle aspettative di riuscita ecc. ecc.. La stanchezza da un lato e la dipendenza dall’altro induce poi ad abbandonare sport, passioni, attività exstrascolastiche con la conseguente limitazione nelle opportunità di formazione e sviluppo di lifeskills. 

Qualche giorno fa ero ferma al semaforo e sul lunotto posteriore dell’auto davanti a me c’era scritto: “Una volta avevo una vita. Ora ho un computer e una connessione wi-fi”. Riflettiamoci gente.

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